Ho cercato sul dizionario la parola cicatrice: “il segno che rimane sulla pelle in seguito a una ferita rimarginata”, subito mi ha riportata a una memoria di dolore che è una traccia del nostro vissuto, un segno indelebile.
In fondo le cicatrici per me sono il ricordo del mio cammino, senza quelle non sarei la donna che sono.
Il tutto mi è stato molto chiaro quando ho letto, riletto e lavorato sul capitolo “Cicatrici di guerra: il Clan delle Cicatrici” di Donne Che Corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estes. Questo capitolo è il cuore di questo grande saggio e ogni donna dovrebbe leggerlo:
“Le lacrime sono un fiume che vi conduce da qualche parte. Il pianto crea attorno alla barca un fiume che porta la vostra vita-anima. Le lacrime sollevano la vostra barca al di sopra degli scogli, delle secche, conducendovi in un posto nuovo, migliore.
Esistono oceani di lacrime che le donne non hanno mai pianto, perché sono state addestrate a portare i segreti della madre, del padre, i segreti degli uomini, i segreti della società e i loro segreti giù nella tomba. Per le donne le lacrime sono l’avvio dell’iniziazione nel Clan delle Cicatrici, questa tribù eterna di donne di ogni colore, di tutte le nazionalità, di tutte le lingue, che attraverso le epoche hanno vissuto qualcosa di grande e hanno conservato l’orgoglio.
Tutte le donne hanno storie personali. Ma c’è un tipo di storia in particolare, connessa con i segreti delle donne, specie quelli associati alla vergogna. Per la maggior parte di noi queste storie segrete sono le nostre storie personali, incastonate non come pietre preziose in una corona, ma come nera ghiaia sotto la pelle dell’anima”.
Queste parole mi hanno molto colpita, le ho sentite nel profondo, le cicatrici sono le nostre storie segrete, i nostri dolori, i nostri disagi che vorremmo tenere sepolti, come dice Clarissa Pinkola in una zona morta, un posto dentro di noi dal numero infinito di muri e porte chiuse da tante serrature. Fintanto che i nostri segreti si trovano lì, restiamo separati da coloro che possono darci amore, protezione, accoglienza, in buona sostanza aiuto.
Quanto è importante imparare a chiedere aiuto?
Ricordiamoci comunque che per quanto una donna sia uccisa, ferita, non seppellisce e non dimentica, un segreto arriva nei sogni, arriva quando guardiamo un film, quando osserviamo un dipinto.
Cosa può fare una donna quando il segreto inizia a uscire?
Lo lega, crea un nodo, “un nodo del passato” e lo porta nella zona morta, tira su nuovi muri, nuove porte, tante serrature, intanto la donna nel fare tutto questo è esausta e stanca.
Quando incomincia la rinascita di una donna?
La rinascita, la “guarigione” da un segreto sta nel racconto in modo che altri ne siano toccati senza crollare, chi ascolta lo fa con il cuore aperto, si sente trafiggere da un raggio di dolore senza però crollare, perché le donne hanno necessità di essere accolte con tutto il loro bagaglio, niente altro.
“svelare il segreto, parlarne con qualcuno, scrivere un altro finale, esaminare la parte che abbiamo avuto, scopriremo in pari misura dolore e saggezza. Essere sopravvissute è un trionfo dello spirito selvaggio e profondo”
Avete mai sentito il detto “I panni sporchi si lavano in casa, in famiglia”? Bè io non ci credo, il più delle volte i panni sporchi non si lavano mai e il risultato è vivere nella sofferenza. I dolori, i ricordi segreti sono cicatrici che non dimenticheremo mai, però col tempo se permettiamo a noi stesse di raccontarli, ecco che dorranno di meno ed è questa la vera natura dell’elaborazione di un “lutto”, di un’esperienza di vita dolorosa.
Se non ve la sentite di dirlo a voce alta a qualcuno, scrivetelo, mettere su carta un vostro nodo vi aiuta, non lo sentirete più così potente e distruttivo come continuare a tenerlo nella vostra testa e nel vostro corpo.
Un esercizio molto introspettivo, per imparare a sciogliere esperienze di sofferenza può essere preparare il vostro Capo Espiatorio come ci consiglia Clarissa Pinkola.
Nella foto, ecco il mio in work in progress !
Esercizio:
Prendete una stoffa o un altro materiale. Il capo espiatorio è un manto che mostra nei particolari, con la scrittura, il disegno, la pittura, con tutto quanto si può appuntare, incollare, cucire, tutti gli insulti, gli affronti, i traumi, le immagini nella memoria e le cicatrici sopportati da una donna nel corso della sua esistenza.
Quando vi sentirete pronte appendetelo a una parete, (io ho deciso di appenderlo al muro della parete del mio spazio a casa), vedrete che passandogli accanto vi sentirete bene, in fondo su questo capo ci siamo noi e da lì siamo passate per essere le donne di oggi, più forti, più coraggiose ma soprattutto più libere.
Condividete questo mio post se lo trovate interessante e vi ricordo che a febbraio parte a Milano, in Accademia della Felicità, il gruppo di Bookcoaching di Donne Che corrono Coi Lupi che trovate nella sezione gruppi del mio sito.
Graziella
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